La danza del vuoto
“Di tutto questo cogitare mi devi perdonare” . Così scrive Mariano a Rosetta, dedicataria di questa raccolta di versi, ma è proprio il pensiero adesso (il “cogitare”) che lo tiene in vita, che gli dà vita, il pensiero di lei, il pensiero per lei che si fa poesia e fa vivere lei pure in poesia, tenendo lui attaccato alla vita (“non posso morire perché devo raccontare di te”). Questo canzoniere minimo “in morte di…” è infatti una dichiarazione d’amore, postuma eppure vivificante, come quelle che si fanno da adolescenti – o più in là, anche – e fanno sentire meglio, danno slancio e fiducia, proiettano al futuro.
Qui, si sa, e il poeta ne è ben consapevole, il futuro (prossimo) è breve e ci sarà poco da godere, specialmente senza una persona cara, alla quale buona parte dell’esistenza terrena era stata in qualche modo dedicata. Eppure, scrivere è come nutrirsi, e nutrire quei sentimenti buoni proprio da lei ispirati e ora per lei trasfigurati. Poiché l’amore di cui si parla in questi versi (“composti con il cuore sanguinante”, come confessa l’autore) non è, non può essere – e nemmeno lo si vorrebbe del tutto – un amore di terra, cioè di carne, ma è quasi angelicato…
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