Caduta Pavia in mano franca, Arechi II, come riporta una fonte posteriore agli eventi, «…primus Beneventi principem se appellare iussit.. ››, si proclamò “principem Langobardorum” e abbandonò la titolatura ufficiale fino ad allora adoperata nei praecepta cancellereschi, ossia “domnus vir gloriosissimus Arigis summus dux gentis Langobardorum”.La rivendicazione del titolo di “princeps” sancì, sul piano politico, giuridico e dei rapporti internazionali, la trasformazione costituzionale della compagine politica beneventana da un ducatus a un principatus e produsse una sorta di translatio regni, di “passaggio di consegne” da Pavia a Benevento (…) Soprattutto nella Tarda Antichità (III-V secolo d. C.), il titolo di “princeps” aveva finito per indicare l’imperator, la fonte suprema di ogni potere, e continuò ad essere adoperato dai re germanici anche dopo il crollo dell’Impero romano d’Occidente. Nel contesto dei regni ”romano-barbarici” il titolo di “princeps” fu adoperato anche da alti dignitari e ufficiali palatini, come i maggiordomi del regno franco che, col tempo, finirono per esautorare i sovrani merovingi, privandoli di ogni potere (…) Al cambiamento istituzionale avvenuto a Benevento, Arechi diede adeguata risonanza anche attraverso la moneta, autorizzando nuovi coni con, sul rovescio, la leggenda “Victoria principi”, d’imitazione bizantina, accompagnata dall’iniziale del suo nome – “A” – e, sul dritto, un busto stilizzato con la leggenda “princeps”, indicativa della nuova autorità di cui si era investito. Benevento aveva, per la prima volta, una monetazione totalmente indipendente (…) Ma Arechi, al di là del rivestimento formale dato alla sua autorità, con l’uso di una titolatura aulica e solenne, aveva compiuto un atto di grande rilevanza non solo politica, ma storica, ponendo le premesse della nascita di una compagine politica destinata, tra alterne vicende, a caratterizzare la storia del Mezzogiorno fino alla conquista normanna (…).
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